Protezione dei dati: vale anche in sede processuale civile per la produzione di un registro del personale
Nel valutare se debba essere disposta la produzione di un documento contenente dati personali, il giudice è tenuto a prendere in considerazione gli interessi delle persone coinvolte e a ponderarli in funzione delle circostanze di ciascun caso specifico
I paletti fissati dal regolamento comunitario relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei loro dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, si applicano, nell’ambito di un procedimento giurisdizionale civile, anche alla produzione, come elemento di prova, di un registro del personale contenente dati personali di terze persone raccolti principalmente ai fini di controlli fiscali. Questa la prospettiva tracciata dai giudici comunitari, chiamati a prendere in esame una controversia che ha coinvolto due società e che ha riguardato anche una richiesta di comunicazione del registro elettronico del personale di una società che aveva eseguito lavori per un’altra società, richiesta mirata a determinare l’importo dei lavori per i quali la società che ne usufruiva doveva corrispondere la retribuzione. I giudici precisano che, sempre alla luce del regolamento dell’Unione Europea, nel valutare se debba essere disposta la produzione di un documento contenente dati personali, il giudice nazionale è tenuto a prendere in considerazione gli interessi delle persone di cui si tratta e a ponderarli in funzione delle circostanze di ciascun caso specifico, del tipo di procedimento e tenendo debitamente conto delle esigenze derivanti dal principio di proporzionalità e, in particolare, di quelle derivanti dal principio di minimizzazione dei dati. Per chiudere il cerchio, infine, i giudici comunitari ribadiscono che qualsiasi trattamento di dati personali, compreso quello effettuato dalle autorità pubbliche, come, ad esempio, le autorità giurisdizionali, deve soddisfare le condizioni di liceità fissate dal regolamento dell’Unione Europea. (Sentenza del 2 marzo 2023 della Corte di giustizia dell’Unione Europea)