Prestazione inadeguata dell’impianto di depurazione: possibile catalogare come indebita la tariffa pretesa dal gestore
L’onere della prova circa il funzionamento dell’impianto di depurazione e gli oneri derivanti dalle attività di progettazione, realizzazione o completamento del medesimo impianto incombe sul gestore del servizio e debitore della corrispondente prestazione nei confronti degli utenti
La tariffa pretesa dal gestore del servizio idrico integrato è indebita non solo nel caso in cui gli impianti di depurazione non esistano o risultino temporaneamente inattivi, ma anche quando gli impianti siano in esercizio e forniscano una prestazione parziale o non ottimale.
Questo il chiarimento fornito dai giudici (sentenza numero 17639 del 30 giugno 2025 della Cassazione) a chiusura di un contenzioso che ha avuto origine in Campania e che, a seguito del malfunzionamento degli impianti di depurazione, ha chiamato in causa direttamente la Regione.
In premessa, viene sottolineato il carattere indebito del pagamento in caso di mancata fruizione, da parte dell’utente, del servizio di depurazione, per fatto a lui non imputabile, qualunque esso sia, essendo, in tal caso irragionevole, per mancanza della controprestazione, l’imposizione dell’obbligo del pagamento della quota riferita a detto servizio.
In questa ottica, nel giudizio finalizzato alla restituzione della somma pagata a titolo di canone per la depurazione delle acque (quale parte del complessivo corrispettivo dovuto per il servizio idrico), l’onere della prova circa il funzionamento dell’impianto di depurazione e gli oneri derivanti dalle attività di progettazione, realizzazione o completamento del medesimo impianto incombe sul gestore del servizio e debitore della corrispondente prestazione nei confronti degli utenti, mentre, invece, l’utente del servizio idrico deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi poi ad allegare la circostanza dell’inadempimento del fornitore del servizio. Non a caso, configurandosi la tariffa del servizio idrico integrato, in tutte le sue componenti, come il corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, è il soggetto esercente detto servizio, il quale pretenda il pagamento anche degli oneri relativi al servizio di depurazione delle acque reflue domestiche, ad essere tenuto a dimostrare l’esistenza di un impianto di depurazione funzionante nel periodo oggetto della fatturazione, in relazione al quale esso pretenda la riscossione.
Per quanto concerne, infine, la titolarità – dal lato passivo – del rapporto controverso originato dalla pretesa restitutoria degli utenti in capo al gestore del servizio, essa trova il suo fondamento nella posizione di parte negoziale del contratto di utenza, in quanto la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione, componente della complessiva tariffa del servizio idrico integrato, ne ripete necessariamente la natura di corrispettivo contrattuale, il cui ammontare è inserito automaticamente nel contratto. Pertanto, ove il servizio di depurazione non sia stato fornito, ma quella quota di tariffa sia stata comunque versata, è nei confronti della controparte del contratto di utenza che la pretesa restitutoria va azionata, in quanto è alla effettiva fruizione del servizio di depurazione che, per la rilevata natura sinallagmatica del rapporto, risulta condizionato l’accoglimento della pretesa di pagamento.