Lavoratore licenziato: deve poter accedere anche ai dati contenuti nella relazione di un’agenzia investigativa che lo ha monitorato su incarico dell’azienda
Multa per una società, colpevole di non avere fornito al dipendente tutti i dati raccolti con la relazione investigativa, anche quelli che non erano stati trasferiti nella contestazione disciplinare
Il lavoratore ha diritto ad avere accesso ai propri dati personali, compresi quelli contenuti nella relazione dell’agenzia investigativa incaricata dall’azienda di raccogliere informazioni sul suo conto. Questo il paletto fissato dal ‘Garante per la privacy’, che ha accertato l’illiceità del trattamento dei dati di un dipendente effettuato da un’azienda di servizi di pubblica utilità, sanzionata per questo con una multa di 10.000 euro. Il ‘Garante’ è intervenuto a seguito del reclamo di un lavoratore che non riusciva ad ottenere completo riscontro alle richieste di accesso ai propri dati personali, richieste da lui avanzate dopo il ricevimento di una contestazione disciplinare in cui erano contenuti puntuali riferimenti ad attività extra lavorative, cui era seguito il licenziamento. Alle diverse istanze del dipendente, però, l’azienda aveva risposto che esse erano troppo generiche e aveva aggiunto che era necessario indicare nel dettaglio le informazioni alle quali si chiedeva l’accesso. Inoltre, solo a distanza di quasi un anno dalla prima richiesta e in occasione della costituzione dell’azienda nel giudizio di impugnazione del licenziamento, il dipendente era venuto a conoscenza dell’esistenza e del contenuto della relazione investigativa da cui erano stati tratti riferimenti specifici inseriti nella contestazione disciplinare. A fronte di tale quadro, il ‘Garante’ ha stabilito che l’azienda aveva l’obbligo di fornire al lavoratore tutti i dati raccolti con la relazione investigativa, anche quelli che non erano stati trasferiti nella contestazione disciplinare (fotografie, una rilevazione ‘Gps’, descrizioni di luoghi, persone e situazioni), informazioni che, in ipotesi, avrebbero anche potuto essere utili per l’esercizio del diritto di difesa da parte del lavoratore nella impugnazione del licenziamento. Inoltre, dal canto suo l’azienda, nei riscontri forniti al lavoratore, non aveva fatto cenno alla relazione investigativa né motivato in alcun modo il diniego di accesso ai dati contenuti in questo documento, violando in tal modo anche il principio di correttezza. Per inchiodare l’azienda alle proprie responsabilità, infine, il ‘Garante’ ha ribadito che il titolare del trattamento è tenuto a fornire l’accesso ai dati personali del soggetto in forma completa e aggiornata, indicando anche l’origine dei dati qualora non siano raccolti direttamente dal titolare del trattamento presso il soggetto. (Provvedimento del 6 luglio 2023 del Garante per la protezione dei dati personali)