Lavoratore in malattia: può costargli cara l’attività ludica

Rilevante lo svolgimento di attività che espongano a rischio di peggioramento delle condizioni di salute o che possano pregiudicare o ritardare, anche solo potenzialmente, la guarigione e il rientro in servizio

Lavoratore in malattia: può costargli cara l’attività ludica

Anche durante il periodo di assenza per malattia, il lavoratore è tenuto all’osservanza degli obblighi di diligenza, fedeltà, correttezza e buonafede, compresi, quindi, quelli di osservare le cautele terapeutiche e di riposo prescritte dal medico. Ragionando in questa ottica, quindi, lo svolgimento di attività che espongano a rischio di peggioramento delle condizioni di salute o che possano pregiudicare o ritardare, anche solo potenzialmente, la guarigione e il rientro in servizio costituisce violazione di tali obblighi e può giustificare il licenziamento per giusta causa, indipendentemente dalla circostanza che si sia verificato un concreto aggravamento della malattia del lavoratore.
Questi i punti fermi fissati dai giudici (ordinanza numero 11154 del 28 aprile 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo al licenziamento di un lavoratore beccato, durante un periodo di malattia, a svolgere attività ludica.
In generale, in materia di svolgimento di attività extra lavorativa da parte del dipendente durante l’assenza per malattia, non è previsto un divieto assoluto per il dipendente di prestare altra attività, anche a favore di terzi, in costanza di assenza per malattia, sicché ciò non costituisce, di per sé, inadempimento degli obblighi imposti al prestatore d’opera. Tuttavia, il compimento di altre attività da parte del dipendente assente per malattia non è circostanza disciplinarmente irrilevante ma può anche giustificare la sanzione del licenziamento, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buonafede e degli specifichi obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, sia nell’ipotesi in cui la diversa attività accertata sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza dell’infermità addotta a giustificazione dell’assenza, dimostrando quindi una sua fraudolenta simulazione, sia quando l’attività stessa, valutata in relazione alla natura ed alle caratteristiche della infermità denunciata ed alle mansioni svolte nell’ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore.
Invero, durante il periodo di sospensione del rapporto determinato dalla malattia permangono in capo al lavoratore tutti gli obblighi non inerenti allo svolgimento della prestazione: tra gli altri, anche gli obblighi di diligenza e fedeltà, oltre che gli obblighi di correttezza e buonafede, obblighi che fanno da contraltare al rischio, assunto dal datore di lavoro, della temporanea impossibilità lavorativa dovuta a infermità. Così, su ciascuna delle parti contrattuali incombe il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, anche a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge.
In tale prospettiva assume peculiare rilievo l’eventuale violazione del dovere di osservare tutte le cautele, comprese quelle terapeutiche e di riposo prescritte dal medico, atte a non pregiudicare il recupero delle energie lavorative temporaneamente minate dall’Infermità, affinché vengano ristabilite le condizioni di salute idonee per adempiere la prestazione principale cui si è obbligati, sia che si intenda tale dovere quale riflesso preparatorio e strumentale dello specifico obbligo di diligenza, sia che lo si collochi nell’ambito dei più generali doveri di protezione scaturenti dalle clausole di correttezza e buonafede, evitando comportamenti che mettano in pericolo l’adempimento dell’obbligazione principale del lavoratore per la possibile o probabile protrazione dello stato di malattia.
In questo quadro si inserisce la valutazione in ordine all’incidenza sulla guarigione dell’altra attività accertata, valutazione che è costituita da un giudizio ex ante, riferito al momento in cui il comportamento contestato si è tenuto, ed ha per oggetto la potenzialità del pregiudizio, con la conseguenza che, ai fini di questa potenzialità, la tempestiva ripresa del lavoro resta irrilevante.
Applicando questa visione alla vicenda in esame, è rilevante una considerazione: la serie variegata di attività compiute dal lavoratore lo aveva esposto a rischio di peggioramento delle sue condizioni di salute, tenuto conto delle prescrizioni mediche. Evidente, quindi, l’idoneità potenziale della diversa attività posta in essere dal dipendente a pregiudicarne o ritardarne il rientro in servizio, con conseguente accertamento della sussistenza di una giusta causa di licenziamento.

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