Illegittimo l’accesso alla e-mail del lavoratore
Multa per un’azienda che ha mantenuto attivo l’account di posta elettronica di un suo oramai ex collaboratore
Illegittimo l’accesso dell’azienda alla posta elettronica del lavoratore. A maggior ragione, poi, se il rapporto si è interrotto. Proprio applicando questo principio, il Garante per la protezione dei dati personali ha sanzionato – con una multa di 5.000 euro – un’azienda che, dopo l’interruzione della collaborazione con un’esponente di una cooperativa, ne aveva mantenuto attivo l’account di posta elettronica, prendendo visione del contenuto e impostando un sistema di inoltro verso un dipendente della società. Nello specifico, la lavoratrice aveva raccolto, prima che si definisse il rapporto con l’azienda, a nome dell’azienda stessa e tramite una casella mail aperta per l’occasione i riferimenti di potenziali clienti incontrati a una fiera. Secondo l’azienda, poi, il successivo tentativo di contattare i clienti a nome della propria cooperativa aveva in seguito portato a un contenzioso giudiziale. E, quindi, nel timore di perdere i rapporti coi potenziali clienti, l’azienda non si era limitata a scrivere per spiegare loro che la collaboratrice era stata rimossa, ma ne aveva anche visionato le comunicazioni. Il Garante precisa che né l’esigenza di mantenere i rapporti con i clienti né l’interesse a difendere un proprio diritto in giudizio legittimano un tale trattamento di dati personali. Per realizzare un adeguato bilanciamento degli interessi in gioco, cioè necessità di prosecuzione dell’attività economica del titolare e diritto alla riservatezza del lavoratore, sarebbe stato sufficiente attivare un sistema di risposta automatico, con l’indicazione di indirizzi alternativi da contattare, senza prendere visione delle comunicazioni in entrata sull’account dell’oramai ex collaboratrice. Nel corso del procedimento è inoltre emerso che l’azienda, in quanto titolare del trattamento, non aveva fornito alla collaboratrice né idoneo riscontro alla richiesta di cancellazione della casella e-mail né l’informativa sul trattamento dati. Per fare ulteriore chiarezza, infine, Il ‘Garante’ ribadisce che il legittimo interesse a trattare dati personali per difendere un proprio diritto in giudizio non annulla il diritto dei lavoratori alla protezione dei dati personali. Tanto più se riguarda una forma di corrispondenza, come i messaggi di posta elettronica, la cui segretezza è tutelata anche costituzionalmente. (Ordinanza dell’11 gennaio 2023 del Garante per la protezione dei dati personali)